sabato 3 dicembre 2011

Achille Campanile aveva capito tutto

In Italia abbiamo avuto uno scrittore umoristico di una grandezza inenarrabile, Achille Campanile, che nel 1942, ha pubblicato un romanzo sotto forma di diario, il cui protagonista è proprio uno di quei bistrattati eroi del brutto che tanto amiamo, vittime dell'ignoranza e dell'ingiustificato senso di superiorità dei loro contemporanei, un genio tanto incompreso da essere costretto a scrivere un diario rivolto ai posteri, che sicuramente invece sapranno riconoscerne il valore e conferirgli la gloria letteraria che merita. Si tratta de Il diario di Gino Cornabò. Ve ne sottoponiamo un esemplare, attualissimo brano:

«9 agosto
Apro i giornali: "Largo movimento diplomatico e consolare"; chi nominato ambasciatore, chi ministro plenipotenziario, chi mandato qua, chi là. E di me nessuno si ricorda. Io resto a marcire nell'ombra. Tempo fa fu la volta del largo movimento dei prefetti. Idem come sopra. Per me, zero. Ancora: Olimpiadi; intervento dei Principi, personalità, ministri; ricevimenti, brindisi, fotografie nei giornali. C'è qualcuno che si ricorda di me? C'è qualcuno che mi abbia invitato ad assistere? Proprio come se non esistessi. Ma non basta. Siamo nella stagione dei premi letterari. Riunione delle giurie, discussioni, relazioni alla stampa. Credete che qualcuno mi abbia chiamato a far parte d'una giuria? Nemmeno per sogno. Gl'intriganti sono sempre in mezzo. Io muffisco, dimenticato. Da tutti, dovunque.

Feste varie. Sono state invitate autorità, personalità competenti. Di me si fosse ricordato un cane! Ci fosse stato qualcuno che mi abbia detto: "Cornabò, tu non puoi mancare. Eccoti l'invito, eccoti i quattrini per il viaggio, eccoti una diaria." Niente. Io già appartengo al mondo delle ombre. Fanno tutto senza di me. Nelle cose piccole come nelle grandi. Guardate, per esempio, la situazione internazionale. I ministri delle varie Potenze si consultano. Credete che qualcuno abbia sentito il dovere di dire: "Scusate, sentiamo anche cosa ne pensa Cornabò?" Niente alla lettera. Se vi dico che fanno tutto infischiandosene altamente di me! E sì che io saprei, io sono capace, io sento d'essere un'energia vitale e non un cadavere ambulante. Non se ne accorgono. Ciechi. Sordi. E, per di più, beffardi. Ieri sera me ne stavo fermo all'angolo di casa riflettendo amaramente alla mia situazione, quand'è passato un tale.
- Che fai Cornabò? - mi ha chiesto.
- Aspetto, - gli ho detto. - Sono cinquant'anni che aspetto.
Quell'imbecille ha guardato l'orologio.
- Be', - ha fatto - se quello che aspetti non s'è ancora visto, credo che non verrà più.
Se n'è andato ridendo.
Gli ho mandato un accidente dal profondo dell'anima.
Sissignori, io aspetto.
Aspetto tutti i giorni, pazientemente, d'essere utilizzato. Aspetto che i miei contemporanei s'accorgano di me e mi valorizzino.
E sono cinquant'anni, che aspetto. Mica un giorno. Ce ne vuole di costanza, sapete, di pazienza. E certe volte la mia vacilla. Certe volte la sfiducia mi prende. A furia si aspettare arriverò alla fine della mia vita e morirò aspettando.
Del resto, per quanto amaro possa essere questo per me, il danno maggiore è per i miei contemporanei che non sanno utilizzarmi, che non si accorgono di me, o, forse, ostentano di non accorgersi di me.
Essi sono come quel tale di ieri sera. Ridono, quando io dico che aspetto da cinquant'anni. Ridono sgangheratamente. Oscenamente. Ma, disgraziati, di chi ridete?
Voi, come quel personaggio di Gogol, ridete di voi stessi.
Voi ridete della vostra cecità, della vostra insipienza.»

Da Il diario di Gino Cornabò, di Achille Campanile, 1942


La straordinaria attualità di questo libro, e il profondo acume del suo autore, sono comprovati dal fatto che dopo settant'anni non è cambiata una virgola nel narcisismo vittimista di certi autori, se Alfonso Luigi Marra, nel suo indiscusso capolavoro, Il labirinto femminile, così in un passaggio arriva a descrivere se stesso... ops! ma che dico, il protagonista del romanzo:

«A prescindere dall'essere abbiente, affermato e noto, è diverso da chiunque: scrive cose senza precedenti in alcuna cultura; afferma, non per vanagloria, ma nel quadro di una vastissima operazione culturale rivolta a cambiare il mondo, di essere il più grande pensatore di tutti i tempi in un regime di sia pur riottoso e silente assenso, perché aggiunge molti altri argomenti che squassano i poteri dalle fondamenta, senza che reagiscano minimamente. E, pure nella finta indifferenza generale, è circondato da una specialissima aura di riconoscimento.»

Ci rendiamo conto? "pure nella FINTA INDIFFERENZA generale"!!!! Riscopriamo questi talenti naturali del brutto vanaglorioso finché sono in vita, acquistiamo i loro libri cosicché non si scoraggino e continuino a scrivere e a deliziarci con queste loro indiscutibili perle.

Nessun commento:

Posta un commento