giovedì 23 febbraio 2012

Decimo Classificato - Carmelo Pecora

Ultimo classificato dell'edizione 2012 del Concorso per il Racconto Più Brutto con 203 punti.
Questo racconto francamente inutile, piazzatosi ultimo come pronosticato dalla moglie dell'autore, ci obbliga a porci (e a porre all'autore) una sola domanda: PERCHÈ? Quella che dovrebbe essere la storia del tormento interiore di un sacerdote che non sa se violare o meno il segreto confessionale e denunciare un delitto, risulta invece un piatto elenco di parole buttato giù da qualcuno che sembra appena uscito da un coma di due settimane. Menzione speciale all'imbarazzante compiacimento dell'autore nel chiamare il sacerdote protagonista del racconto Don Dino Sauro.

LA CONFESSIONE

Di Carmelo Pecora

-Padre mi devo confessare!
La richiesta giunse a Don Dino mentre rivolto all’altare era assorto in preghiera.
Quella voce cavernosa lo fece sobbalzare. Una giusta dose di adrenalina scese lungo la sua schiena. Non aveva sentito i suoi passi.
Girò il capo di 45 gradi e vide un uomo che si teneva stretto in un cappotto nero con il bavero alzato. Capelli folti e neri con una spruzzatina di bianco qua e là.
-Certo figliolo!
-Vieni pure! Gli disse indicandogli il confessionale.
Si alzò e con passo stanco si avviò anch’egli verso il luogo della confessione.

Fissando per un attimo ancora quel misterioso uomo non potendo guardarlo negli occhi per via di quegli occhiali scuri che portava.
Aprì la porta e si accomodò sulla panca in legno, mentre lo sconosciuto arrivato nella posizione di destra si mise in ginocchio, così come da consuetudine.
Don Dino aprì lo sportellino ed il volto dello sconosciuto si avvicinò a tal punto da sentirne il fiato pesante ed alcolico.
-Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo! Mentre pronunciava queste parole si face il segno della croce seguito come un automa da quella strana persona.
-Dimmi figliolo!
-Liberati dei tuoi peccati!
-Come mai tanta fretta!
L’uomo rimase in silenzio qualche secondo poi con quella voce rauca pronunciò le prime parole.
-Padre ho molto peccato.
-Ho tolto la vita.
-E sono preso da atroci tormenti.
-Non dormo più.
-Mi aiuti la prego.
La voce era rotta dal pianto.
Il sacerdote vide, attraverso la grata, una mano che provava ad asciugare in qualche modo le lacrime che sgorgavano copiose.
-Il Signore nella sua eterna bontà si prenderà cura di te.
-Raccontami cosa è successo.
-Smetti di dannarti.
-Metti il tuo cuore nelle mani di Dio.
L’uomo smise di singhiozzare.
-Padre poche ore fa non so come sia potuto accadere ho stretto forte la sua gola.
-Quando mi sono reso conto di ciò che stavo facendo era oramai troppo tardi.
-Ma lei non faceva altro che darmi dietro. Era assillante, snervante.
-Non sono riuscito a trattenermi già altre volte avevo provato a lasciarla per non arrivare a questa conclusione. Ma poi chissà perché si ritornava insieme. E non sempre le cose andavano per il verso giusto.
Ancora le lacrime fermarono il suo racconto.
Don Dino Sauro era parroco da più di quindici anni e ancora non aveva sentito una confessione simile.
Tante corna, molti furti, i soliti pettegolezzi, i peccati di ragazzi adolescenti e di vecchie zitelle ma nulla di quel genere.
Quindi anche Don Dino era abbastanza sconvolto.
Non riusciva a trovare le giuste parole.
Ma doveva farlo il suo Magistero glielo imponeva.
-Smetti di piangere. Disse risoluto.
-Dimmi piuttosto dove è successo il fatto.
Non voleva fare l’investigatore ma cercava un modo per poter intervenire.
Magari non era riuscito a toglierle la vita e lo aveva solo immaginato.
-Al parco. Eravamo al parco.
-Ancora una volta si è ribellata a quello che io le dicevo.
-Alla fine l’ho sepolta nel bosco.
-Caz.. Caspita si corresse in tempo Don Sauro.
-Lo sai che dobbiamo avvisare la Polizia. Sarebbe meglio.
-Ma sei sicuro di quello che dici.
-Andiamo insieme a controllare. Vuoi.
Troppi film aveva visto Don Dario, ma era l’unico modo per aiutarlo.
Sapeva che la confessione era sacra ma era stata tolta la vita ad una creatura non poteva nascondersi dietro alla confessione.
La gola gli si era stretta aveva iniziato a tremare era una situazione nuova ma doveva fare di tutto.
Alzò gli occhi verso quella grata di separazione non sentiva più il fiato grosso e pesante dello sconosciuto.
Lui alla parola Polizia si era defilato e così, silenziosamente come era entrato, era sparito.
Don Dino spalancò la porticina del confessionale uscendo di corsa.
Si guardò in giro. Non vide nessuno.
Per un attimo pensò di aver sognato.
Poi vide sul pavimento della terra secca.
Prese il telefonino che teneva nella tasca dei pantaloni.
Compose il 113 e con voce rotta dall’emozione disse:
-Pronto Polizia, sono Don Dino Sauro della Parrocchia della Trinità.
-C’è stato un delitto.

NdR: Racconto copiato e incollato esattamente come inviato dall'autore. Nessuna correzione o modifica è stata apportata.

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