giovedì 23 febbraio 2012

Ottava Classificata - Daniela Bartolini

Ottava classificata dell'edizione 2012 del Concorso per il Racconto Più Brutto con 217 punti.
Un racconto degno della miglior (e ho detto miglior) Susana Tamarro (conoscendo la sua querela facile l'errore di battitura è d'obbligo). Una storia mirabilmente patetica, di un lirismo vomitevole, di una banalità sconcertante. Durante l'esibizione la NOIA più spietata ha colto il pubblico votante del concorso che purtroppo non ha apprezzato a sufficienza quella che è invece un'indiscutibile qualità di questo ignobile racconto.

LA NONNA E LA BAMBINA

Di Daniela Bartolini

La bambina stava seduta sulle ginocchia della nonna e guardava assorta fuori dalla finestra. La voce della nonna la risvegliò dal torpore e la riportò lì, sul sofà davanti al camino di una stanza dove tutto odorava di ricordi.
“La guerra era brutta, cocca. Ci sfollarono una sera che pioveva che più non ne poteva venire, con quei quattro stracci che si aveva addosso e il sonno rimasto negli occhi. Si camminò tutta la notte e poi ci caricarono in una camionetta, fino in Romagna”
“Nonna mi leggi la favola? Me la racconti sempre questa storia, è noiosa!”. Protestò la bambina sempre più annoiata. 

“Eh sì, noiosa, i giovani di oggi sono nati nella bambagia e son buoni solo a giocare con quelle cose elettriche. Ai nostri tempi non c’era niente ma si era contenti, con poche pretese e tanto da lavorare. Si doveva crescere in fretta, pensare alla casa, ai fratelli più piccoli, alle bestie, a aiutare i genitori… poche ruzze, altro che! La guerra poi ci tolse tutta la speranza e anche la voglia di vivere… i fratelli più grandi furono richiamati tutti e partirono da un giorno all’altro, senza che se ne sapesse più niente per mesi, noi si restò a casa con più lavoro e meno braccia per farlo, i campi erano grandi e le bestie volevano mangiare tutti i giorni, essere munte, fatto il formaggio. Senza le comodità, col freddo, col buio, con la fame”
“Nonna, giochiamo con le bambole?”. La piccola era proprio disinteressata a quel racconto che puntualmente la nonna le narrava convinta che fosse educativo per la nipotina.
“Le bambole… io non ne ho mai avuta una. La prima la vidi da sfollata, ci avevano messi in un teatro grande, con tanta gente, la maggior parte erano poveri contadini come noi, ma c’era anche qualche famiglia un po’ più benestante, portati via anche loro per via dei Tedeschi e ammassati insieme agli altri. C’era questa fogliolina più piccola di me, aveva un vestitino rosa, si vedeva che era gente che stava bene, e questa bambolina bionda con le codine e una scamiciatina scozzese. Era così bella… facemmo amicizia, e un giorno mi ci fece giocare. Ero così felice, sembrava che…”
“…la guerra in quel momento non esistesse”. Finì la frase la bambina al posto della nonna. Dalle volte che aveva sentito quella lagna l’aveva imparata a memoria, la nonna la raccontava sempre uguale, coi soliti occhi lucidi e lo sguardo che ruotava nella stanza, persino le parole erano le stesse, che noia! La bambina non capiva perché la nonna raccontasse sempre una cosa triste che la faceva piangere e che annoiava lei, perché non giocava o le leggeva le favole?
“Nonna, mi leggi la storia della Bella addormentata?”.
Ma la nonna non l’aveva neanche sentita, presa com’era dai suoi ricordi. E continuò: “E invece la guerra c’era eccome, c’era la miseria, il freddo, la fame, la paura. E le sirene. Quando suonavano si scendeva tutti nel rifugio e si stava lì le ore, pregando e dicendo il rosario. Noi s’era piccini e non si capiva, ma i grandi erano tutti preoccupati e qualcuno quando venivano giù i calcinacci del tetto piangevano. Un giorno una bomba cascò proprio davanti a noi, c’era una scuola, ci si andava a mangiare che ci portavano tutti i giorni qualcosa caldo non so da dove. Si tornò su dal rifugio e c’erano le macerie… quella polvere di cemento sapeva di morte… se la bomba cascava nel teatro si faceva la morte del topo… ma non era arrivata la nostra ora, il destino lo sa da sé quando portarti via”. Lo disse con la voce triste, accarezzando la nipotina sulla fronte, scostandole una ciocca di capelli dagli occhi.
La memoria e il futuro non parlano la stessa lingua e non nutrono interesse l’uno per l’altra, ma possono stare abbracciati accoccolati su un sofà e volersi bene senza comprendere l’una le ragioni dell’altra. La bambina si addormentò, senza giochi e senza favole, e la nonna rimase lì, ancora triste, quasi a raccomandarsi che l’ineluttabile destino non strappasse mai a quell’amata piccina le sue bambole con gli orrori della guerra.

NdR: Racconto copiato e incollato esattamente come inviato dall'autore. Nessuna correzione o modifica è stata apportata.

1 commento:

  1. Buongiorno,
    sono mio malgrado una omonima della signora Bartolini che è da voi stata "premiata" grazie al suo racconto. Anche io scrivo, pubblico libri, quindi certamente non mi fa piacere poter essere confusa con qualcuno che viene premiato per la bruttezza del suo lavoro. Vi chiedo quindi di porre in atto ogni misura che possa aiutare a distingere da me e da altre omonime la signora che ha partecipato al vostro insolito e originale concorso, poichè per l'attività che svolgo l'essere confusa con la vostra premiata è altamente lesivo della mia reputazione. Potreste ad esempio indicare la località di residenza o un qualsiasi dato relativo all'occupazione, etc. della signora. In mancanza di questi necessari elementi distintivi, sarò costretta mio malgrado ad adire alle vie legali.
    Cordiali saluti
    Daniela Bartolini

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