giovedì 23 febbraio 2012

PRIMO CLASSIFICATO - Mario Borghi

Primo classificato dell'edizione 2012 del Concorso per il Racconto Più Brutto con 295 punti.
Un racconto a dir poco prevedibile. Vi sfido durante la lettura a NON indovinare dove andrà a parare. Una serie di espressioni insulse rendono questo obbrobbio ancora più ignobile, ove ciò sia possibile. In più, esattamente come nel secondo racconto classificato di questa edizione, a riprova di quanto da noi sostenuto, ecco a voi l'espediente narrativo di finale di racconto più scontato di tutti i tempi: era tutto un sogno. Applausi a scena aperta e standing ovation meritatissimi per il vincitore.

IL MIO SOGNO D'AMORE

Di Mario Borghi

Mi trovo in questa grigia città tra una folla distratta. Mi muovo a disagio, chiedo qualche informazione a gente distratta. Voglio farti una sorpresa, quella che ti ho sempre promesso ma che non ti ho mai svelato. Il cuore mi batte all’impazzata e le vibrazioni mi arrivano agli occhi e alla mente. Cerco il tuo indirizzo, prima di partire mi sono bene documentato, ma qui, tra queste vie tutte uguali, non è semplice orientarsi, lascerò fare al mio istinto. A volte mi chiedo: cosa ci faccio qui? Cosa mi spinge? La risposta arriva diretta dal cuore: la tua follia d’amore.
Ho imboccato la via dove abiti, conto i numeri civici con emozione. Alla fine ecco il tuo. Sono davanti al tuo portone. Su google maps sembrava diverso, ma ora lo riconosco, lo avrei riconosciuto tra mille, come la finestra della tua camera.

Ti conobbi su internet per caso, ma forse non era il caso era il folle destino che ci ama e ci odia, come il mare ma ne sono felice. E ho deciso di venire da te a trovarti dopo avere preso un giorno di ferie.
Cerco il cognome sul citofono. La mano che regge la rosa e i cioccolatini è sudata, ho un po’ di vergogna al pensiero che quando ti abbraccerò tu potrai sentirla sudata, me la asciugherò prima, anche se l’emozione è troppa.
Mi fermo un attimo e rido, rido di me stesso, come un bambino, con la mano in faccia. Rido per queste stupidaggini che sto facendo, sono tornato bambino, con l’esperienza d’un grande. Al diavolo tutte le teorie dell’amore, esiste solo l’istinto e l’odore che si deve seguire, l’odore dell’amore. Rido un po’ anche vedendomi di spalle di fronte a quel portone con i fiori in mano che legge i nomi sul citofono, li guardo ma non li leggo sono troppo agitato.
Mi decido, suono. Mi risponde una voce gracchiante, chi è? Il postino, rispondo io. Il portone si apre di scatto e io entro nell’atrio, dove mi accoglie un buon odore di casa, di palazzo, forse è un po’ la muffa stantia, ma è buono, sa di vissuto.
Salgo le scale, scorro i portoni, leggo i nomi dei coinquilini e penso a quanto sono fortunati a poter abitare assieme a te in quel palazzo, vedendoti spesso.
Guardo nella tromba delle scale, in su, non lo so nemmeno io perché, un po’ come quelle cose che fai così istintivamente, come me che ho deciso oggi di stupirti e non mi importa di essermi fatto 4 ore di macchina per venirti a trovare dopo averti salutato, ieri sera, con il solito: ciao cucciola. La nostra parolina semplice, come la semplicità che non ritrovavo più da anni, dalla fine della storia con quella là, e non aggiungo altro.
Sento una porta che si apre, sei tu che incuriosita sei sul ballatoio e aspetti il postino. Anche se tra voi ci sono 24 anni di differenza, ma ho capito che l’amore vince. Sempre.
Ho una esitazione prima dell’ultima rampa, sarò all’altezza? Sì, lo sarò.
Arrivo sul tuo ballatoio e al tuo posto c’è un ragazzo lì che mi aspetta curioso. Ci guardiamo, entrambi stupiti poi arrivi tu: “chi è amore?” dici abbracciandolo da dietro con lo sguardo smarrito da cerbiatta. Io muoio.
I nostri occhi si incrociano, sei l’ennesima delusione. “questo è per lei” dico, porgendoti la rosa e i cioccolatini e senza darti tempo di proferire altro, fuggo piangendo disperato. Scendo quelle scale che non finiscono mai, all’andata sembravano poche rampe, adesso sono di più tante di più, scendono negli inferi, mi ci conducono, mentre i neon delle luci del condominio iniziano a vibrare, forte, con quel loro caratteristico ronzio, che mi trapana le mente. Corro e piango, mi sembra di sentire una voce dietro di me: ehi, ehi. La ignoro ma quel ronzio dei neon è insopportabile. ZzzZzzZzzzrZz.
Con un sobbalzo mi sveglio, tutto sudato, le lenzuola per terra. ZzzZzzZzzzrZz., la sveglia mi porta alla dura realtà, devo andare al lavoro.
Era un sogno, meno male, sarà che è troppo bello per me, ma ti amo cucciola, non dimenticarlo mai, ti amo e non mentirmi, te lo scrivo anche per messaggio. E tu rispondi, semplice e solare come sempre con uno smile, il tuo.

NdR: Racconto copiato e incollato esattamente come inviato dall'autore. Nessuna correzione o modifica è stata apportata.

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