martedì 23 aprile 2013

Sesto Classificato - Robocchio

Per una comprensione più completa del racconto vi invitiamo a leggere, in coda, la recensione del critico letterario Frank Solitario.


Antonio Parrilla – Robocchio

Collegati velocemente gli ultimi circuiti, Mastro Cippetto fece due passi indietro per rimirare meglio la sua creatura, quindi prese la calotta della testa e la fissò al corpo del robot.
“Che meraviglia” pensò tra sé e sé “questa è di gran lunga la migliore delle mie creazioni.
Sarà la compagnia della mia vecchiaia, il vanto della mia vita professionale, e mi aiuterà a non sentirmi più solo”. Poi, rivolto al robot, disse: “Ti chiamerò Robocchio” e, con le mani tremanti, spostò su ON il pulsante dell’accensione… Per un po’ non accadde nulla, tranne un leggero scintillio negli occhi dell’automa. Poi, all’improvviso, il robot parlò: “Che succede, dove mi trovo? E perché mi avete svegliato? Ho già fatto le mie sei ore di lavoro, oggi, e non ho intenzione di fare straordinario per quei 6 miseri euro all’ora che pagate! Arrivederci a tutti e non aspettatemi domani: prendo un giorno di permesso sindacale”. Ciò detto, Robocchio si alzò velocemente sulle sue nuove gambine metalliche e, in un frullare di piedi, imboccò velocemente la porta di casa e si dileguò nelle strade deserte. Colto alla sprovvista, Mastro Cippetto impiegò alcuni secondi per prendere la decisione di seguirlo. Nel buio della città, il povero Mastro Cippetto non sapeva a che santo votarsi. Era un uomo timorato e rispettoso delle leggi, e la vita notturna gli era del tutto sconosciuta. Nel suo vagare vide una strana figura: era vestita da donna, ma il pomo d’Adamo e il tono della voce mal si accordavano con le curve pronunciate e gli abiti succinti che indossava. A lui si rivolse Cippetto in cerca d’aiuto: “Avete visto il mio robot?” gli chiese, ottenendo come risposta “No, ma per 50 euro ti faccio giocare con il mio Transformer”. Allontanandosi in preda allo sconforto, Cippetto si avvicinò allora ad una signorina che (stranamente, vista l’ora tarda) continuava a passeggiare nervosamente presso un lampione roteando la borsetta. “Avete visto il mio piccolino?” chiese, appellandosi allo spirito materno della donna. “No, bello, ma se vuoi farmelo vedere ci penso io a farlo diventare bello grande grande. E per soli 50 euro”. Poco più avanti, vide un ragazzo in sella ad una moto di potente cilindrata. “Se mi aiutasse lui” pensò Cippetto “in pochi minuti potremmo perlustrare tutta la zona”. Fattosi coraggio, gli si avvicinò e gli chiese “Cortesemente, mi porterebbe a fare un giro?”. Il ragazzo lo guardò con aria strafottente poi, mostrandogli una bustina con della polvere bianca, gli rispose “Ehi, vecchio, il giro non te lo faccio fare, ma con 50 euro posso farti fare un viaggio da paura!”. Che mondo era questo, si domandava Cippetto, dove tutti vogliono 50 euro e nessuno è disposto ad aiutare gli altri? Tuttavia, il pensiero della sua creatura in giro da sola in una situazione così pericolosa, lo indusse a fare un ultimo tentativo. Si avvicinò quindi ad una vecchina e, gentilmente, le chiese: “Avete visto il mio bambino?” Non l’avesse mai fatto: la donna cominciò ad urlare con quanto fiato aveva in gola: “Aiuto, aiuto! Il maniaco! Aiuto, salvatemi, vuole violentarmi!” In pochi secondi, Cippetto si trovò circondato da un nugolo di trans, donnacce e magnaccia che presero a picchiarlo con borsettate, pugni, calci, sputi finchè non fu tratto in salvo da una pattuglia di Carabinieri. Trovato rifugio nella macchina di pattuglia, Cippetto si rivolse riconoscente ai suoi salvatori: “Grazie, se non fosse stato per voi mi avrebbero ucciso”, ma la reazione non fu come si sarebbe aspettato. Quello che non guidava, infatti, si girò a guardarlo con aria schifata, e gli disse: “Grazie ‘sta minchia, cornuto violentatore di vecchiette. Fosse stato per me, ti avrei lasciato in mano loro. Ma a te ci penserà il giudice e, dopo la condanna, vedrai che bell’accoglienza ti faranno gli altri carcerati”.


Recensione

La sua candidatura a racconto più brutto è venuta meno esattamente quando, dopo solo cinque parole, sono caduto dalla sedia. Ebbene si, sto parlando dell’entrata in scena di “Mastro Cippetto”.
A seguire tutto un rutilare di assurdità gustose e irrilevanti e di battute di pessimo gusto.
Trama che si perde nel nulla e racconto che vira sulle vicende personali di Mastro Cippetto e si dimentica di Robocchio. Motivo per cui, ci si chiede ancora, meravigliandosi e compiacendosi, perché il racconto sia stato intitolato a Robocchio quando ci narra invece le vicende di Mastro Cippetto. Alvaro Vitali diretto da David Lynch. Complimenti sinceri anche all’interpretazione sconclusionata.

Frank Solitario

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